“31 anni e una pandemia”. Capitolo 19: Fastmoon Bridge

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Giuseppe Turchi

31 anni e una pandemia

 

Parte II
“Liberato”

19. Fastmoon Bridge

Una luna gialla come l’oro fa capolino dal monte al di là del fiume Taro. Ne vedo solo uno spicchio. Davanti c’è una nuvola sottile che assomiglia a un sigaro. Tutt’attorno nebbia. Agosto è finito e le temperature sono calate sensibilmente.  Per due giorni non ha fatto altro che piovere, ma forse domani tutto si risistemerà. Speriamo. Il Web è già pieno dei nostalgici dell’autunno che maledicono il caldo e le zanzare. Io preferisco il cielo sgargiante che una coltre di nuvole. E poi vogliamo mettere la libertà degli abiti leggeri, le scarpe che non si sporcano, i piedi che non scivolano? L’estate è innegabilmente più comoda.

Guardo ancora fuori dalla finestra. Adesso la luna si vede quasi per intero. Cavolo, quanto sarà passato? Cinque minuti? Il tocco della bruma dona all’atmosfera una nota spettrale. Non faccio in tempo a tergiversare sullo smartphone che la luna s’è già allontanata dal monte. Perché il tempo scorre così velocemente? Di solito accade quando ti diverti, non mentre te ne stai a pensare ai fatti tuoi. Porto in sottofondo l’ansia dell’essere passato dai 13 anni ai 31 in un batter d’occhi.

Ricordo che l’estate dopo la terza media era stata una delle migliori in assoluto. Avevo recuperato il ginocchio operato, andavo in bici e mi ritrovavo con i buoni Ivan, Leo e Andrea in paese. Passavamo le giornate a dire scemenze, accontentandoci di girare nel raggio di un chilometro. Camminavo benino. Quando ci sentivamo svogliati, invece, attaccavamo la Playstation e non la mollavamo per pomeriggi interi. Adesso uno si divide tra la fabbrica e la musica, l’altro è un neuroscienziato e l’altro ancora lotta come me con il precariato. Solo quattro dei nostri compagni di scuola sono sposati con figli. Qualcun altro convive.

«E tu che cosa fai?»

Oh, Luna, mi rivolgi la parola prima di fuggire via? Guarda come sei alta ora.

«Rispondimi in fretta.»

Le graduatorie per le supplenze dovrebbero essere pubblicate domani. La scuola è ancora nel caos. Ormai non pongo più attenzione alle continue notizie sui TG. La carenza di docenti sembra essere passata di colpo da 80 mila a 300 mila unità. Anche l’istruzione sembra diventata materia da campagna elettorale. Per non parlare di…

«Parlami di te, non di quello che non dipende da te.»

Be’, io ho ripreso a studiare. In più mi sono dedicato alla mia pagina Facebook, che adesso è in crescita lenta ma costante. Pare che qualcosina cominci a incastrarsi per il verso giusto. Certo, è un lavoraccio: ogni giorno un nuovo contenuto, poi condivisioni su condivisioni, inviti, risposte.

Ieri ho controllato il cellulare e avevo quattro ore di attività. Quattro. Prima facevo sì e no quaranta minuti al giorno. A tutte queste devo aggiungere le sei/sette che passo a scrivere al PC. Sono diventato come gli adolescenti che hanno seguito i miei corsi di educazione digitale: smartphone-dipendente.

«Però tu usi la tecnologia, non la subisci.»

Non lo so. Provo a giustificarmi col fatto che il mio nuovo libro uscirà a breve. Ho trovato anche chi me lo tradurrà in inglese, ci credi? Per la prima volta sento di aver fatto un piccolo salto di qualità. Dovrei andarne orgoglioso. Anzi, dovrei proprio vantarmene sui social. Abbandonare le insicurezze e il perfezionismo, farmi vedere “di successo”. Oggi si usa così.

Dubito che arriverò a tanto. Sto pensando a un altro tipo di promozione. Mi piacerebbe coinvolgere degli amici per fare dei set fotografici. Non so se sia la strategia giusta, però sarebbe qualcosa da fare assieme, coinvolgerei più persone e più capacità.

«Faresti da ponte, insomma.»

Diciamo di sì. Nel libro parlo di questo tema. Conoscere, coinvolgere e mettere in contatto persone sono le azioni più interessanti in assoluto. Da ciascuna esperienza puoi trarre informazioni per crescere e, nello stesso tempo, offrire quello che sai per aiutare gli altri a fiorire. Un sistema io vinco-tu vinci, capisci?

«Non proprio.»

Sto mettendo in pratica il progetto del mio filosofo preferito, John Dewey! Si tratta di…

«Lascia stare tutte le tue cose da studioso. Te lo dico io quello che vedo: un ragazzo che lotta con la solitudine.»

Ma che dici? Esco ancora nei fine settimana e per le feste. Sono coinvolto in tante attività di volontariato. La solitudine la cerco per lavorare ai miei progetti. A me va bene così.

«Ripensa alle parole che hai scambiato con gli altri prima di me e dimmi se ne sei davvero convinto.»

Cosa dovrei fare, uscire tutte le sere? Non ho né la voglia né i soldi. E poi con chi? La gente non è sempre a mia disposizione. Adesso che la casa è a posto – più o meno – inviterò qualche amico a cena.

«Mi fa piacere sentirlo. Se terrai su le tapparelle, verrò a curiosare. Ma nemmeno in quel caso mi avrai dimostrato di aver superato la solitudine in fondo al tuo cuore.»

Ehi, che vuoi dire? Non puoi scappare proprio adesso! È passata appena un’ora.

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