“31 anni e una pandemia”. Capitolo 9: Fase 2

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Giuseppe Turchi

31 anni e una pandemia

 

Parte I
“Incatenato”

 

9. Fase 2

Mercoledì 20 maggio. La curva dei contagi e dei decessi è in calo. Così come la curva dei crimini: 60% in meno, o qualcosa del genere. Diversa la situazione per i divorzi: boom di richieste, con addirittura la possibilità di una separazione consensuale via mail. Il lock-down ha risvegliato delle tensioni latenti e irrisolvibili. La cosa è molto triste. Non ci voglio pensare.

Dal Ministero dell’Istruzione giunge voce che gli alunni si possano almeno rimandare nelle materie insufficienti. Molti studenti dati per dispersi hanno cominciato a presentarsi alle lezioni online. I deterrenti, alla fine, funzionano.

Sul versante delle frivolezze Lercio.it riporta la crescita delle proposte di romanzi dal titolo “Diario di una quarantena”: oltre 150 libri sarebbero stati presentati agli editori per il mese di maggio. Per un attimo ho creduto che non fosse una fake news. M’ero già rassegnato all’idea di dover cestinare il mio diario, poi ho letto meglio la fonte. Le fonti fanno la differenza.

Nell’ultimo mese e mezzo ho scritto un manualetto di auto-aiuto ispirandomi dalle ricerche per l’università. Ho appena saputo che è stato accettato e che sarà ben distribuito sul territorio nazionale a partire da settembre. In più c’è la possibilità di veder pubblicato anche il libro dove racconto le mie esperienze da giovane insegnante, solo che su quello dovrò lavorare ancora un po’ per indirizzarlo a un pubblico specifico. Sono stranamente ottimista. Dev’essere merito della luce di questa bella giornata.

Oggi, amico Sole, parlo con te. Questa settimana sei stato piuttosto birichino. Non appena la gente ha avuto il permesso di andare a passeggio senza autocertificazione tu hai pensato bene di prenderti una pausa e nasconderti dietro le nuvole. Per un paio di giorni ha piovuto un sacco e non ho potuto fare le mie salutari passeggiate. Ti lascio immaginare il mio umore.

Adesso splendi senza incertezze e doni una temperatura perfetta. Scusa se ho cercato un po’ di riparo sotto gli alberi del Parco Ducale. Dopo ho una visita e non posso sudare troppo. Ho giusto il tempo per consumare il mio pranzo d’asporto.

«Com’è il sushi?»

Delizioso. Quanta voglia che avevo! Non ho resistito, anche se d’asporto è più caro. E sì, lo so che mangiare con la foga di un coccodrillo non fa bene al mio stomaco. Però è un piacere infinito. Pensa che non è neanche il primo della giornata.

«Cos’è che ti ha fatto star bene oggi?»

Mi sono goduto il viaggio per venire in città: cambio automatico, musica a palla, aria fresca dai finestrini. L’auto è andata via liscia sull’asfalto e i suoi pedali sono stati morbidi. Ho provato la stessa sensazione di quando riprendevo in mano la macchina dopo mesi di convalescenza.

«È incredibile come la mancanza di qualcosa renda quel qualcosa tanto straordinario.»

Io lo dico sempre: l’abitudine è la rovina dell’uomo. In lei tutto diventa piatto, meccanico, irrilevante. In ogni routine si perdono un sacco di dettagli, come la Natura vicino casa. Dai tutto per scontato finché a trentun anni non cominci a scoprirla per cause di forza maggiore. La verità è che non dovremmo mai abituarci alle cose belle. Per quanto piccole esse siano, riuscire a guardarle sempre con occhi meravigliati renderebbe la nostra vita più serena.

Guarda il Parco Ducale, per esempio. Ci sono stato altre volte ma oggi mi sembra speciale. La luce è giusta, il laghetto è tranquillo. C’è un piccione molesto che insidia una povera picciona nonostante questa gli soffi contro. Sembra una gatta arrabbiata. I riflessi iridescenti del loro piumaggio sono incredibili. Ho lasciato loro un po’ di riso, ma c’era troppa salsa di soia e non hanno gradito. Diversamente da loro, un paio di zanzare grosse come elicotteri hanno fatto banchetto sul mio braccio.

«Come si sta comportando la gente?»

Nel modo corretto, direi. Tutti hanno la mascherina e mantengono le distanze. Non ci sono assembramenti. Ieri, invece, il sindaco si è infuriato perché durante l’ora dell’aperitivo molte persone in centro sono state indisciplinate. I modi con cui ha fatto sapere la cosa non sono stati dei migliori – è parso un po’ come lo sceriffo di Facebook – però non riesco a dargli torto. Se la gente non sarà responsabile, rischieremo di fare un pericoloso passo indietro.

Per questo sono molto contento che passino spesso i furgoncini della Polizia Municipale. Ho visto anche una specie di golf cart dei Carabinieri, solo che anziché essere aperto è schermato con portiere e parabrezza di plastica. Non immagino la sauna che devono aver patito quei poveri agenti.

«Sento che ci sono ancora delle forti proteste.»

Alcuni insistono nel denunciare l’avvento di uno stato di polizia che sta velocemente erodendo ogni libertà personale. Mi sembra esagerato. Altri dicono che il Governo sia in preda al panico e faccia terrorismo mediatico per tenere le poltrone.

“Il virus si sta trasformando in una banale influenza!” berciano i medici laureati all’università della vita nel riportare il parere di alcuni esperti.

“Curateli con l’eparina e il plasma dei guariti!” urlano altri premi Nobel della tastiera, come se alcune soluzioni sperimentali fossero di fatto delle cure efficaci in tutti i casi.

Io ci ho provato a tenere una via mediana. Ho fornito fonti e chiesto cautela, ma ovviamente nessuno dei polemisti mi ascolta. Pace. Di certo non mi rovineranno la giornata di oggi.

Ho finito uramaki e udon col pesce. Ora non mi restano che il mini-tiramisù e il mini-budino. Nel sacchetto non ci sono cucchiaini. Solo un altro paio di bacchette. Le scarto senza dividerle e tiro su i dolcetti come fossi una ruspa.

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