Origine della vita: prima parte

 

*Seguirà l’articolo Origine della vita: seconda parte in data 20/05.

 

Di Roberto Favilla

Già professore di Biologia Molecolare presso l’Università degli Studi di Parma.

 

Premessa

Pochi misteri hanno stimolato la curiosità umana come l’origine della vita. L’argomento verrà qui trattato da un punto di vista strettamente biologico, assumendo che la vita sia un insieme di processi chimico-fisici, che permettono ad entità materiali limitate nello spazio e nel tempo di svolgere determinate funzioni, quali nascere, crescere, riprodursi e morire. Questa è una definizione minimale di vita, adeguata ai fini della presente scrittura ma ben lungi dall’essere esaustiva, che si distingue da altre che contemplano dimensioni spirituali e soprannaturali, oltre a quella puramente materialistica. Mentre le religioni “risolvono” in generale il problema assumendo che la vita sia opera di un creatore soprannaturale, la filosofia occidentale ha assunto nel corso dei secoli posizioni diversificate, che vanno da quelle dei pre-socratici[1] e quelle dei contemporanei influenzate dalle scoperte scientifiche, passando per quelle dei medievali, molto più centrate su aspetti spirituali e metafisici.

Col Rinascimento si comincia a dare una spiegazione dei fenomeni naturali non più basate su credenze religiose o speculazioni filosofiche, ma affidandosi al metodo scientifico[2]. Tuttavia fin oltre la metà dell’800 era ancora in auge la teoria vitalista[3], secondo la quale le forme di vita più semplici, come batteri o insetti, potevano nascere per azione di una misteriosa vis vitalis, nonostante che già Redi nel XVII secolo e Spallanzani nel XVIII avessero dimostrato che nessuna forma di vita poteva sorgere spontaneamente. Fu solo con gli esperimenti di Pasteur nel 1864, che questa teoria fu definitivamente abbandonata in favore di quella della biogenesi (vita da vita), oggi alla base della biologia cellulare. Non dobbiamo tuttavia pensare che questa teoria contraddica quella della abiogenesi[4].

Solo all’inizio del XX secolo, sulla spinta della teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin e Wallace del 1860, anche i fenomeni connessi con l’origine della vita cominciano ad essere affrontati sperimentalmente, partendo dall’unica ipotesi scientificamente sostenibile, che la vita è sorta attraverso un lungo percorso di reazioni chimiche sempre più complesse, che hanno permesso l’evoluzione di sistemi in grado di autosostenersi a scapito di fonti energetiche presenti nell’ambiente (teoria dell’abiogenesi). La teoria dell’evoluzione, in parte riveduta e corretta a seguito di successive scoperte scientifiche, si è rivelata come la più adeguata per spiegare le caratteristiche degli organismi viventi, come conseguenza di fenomeni ambientali contingenti senza alcun piano preordinato, e costituisce quindi un solido baluardo intellettuale contro il disegno intelligente[5]. Questo movimento antiscientifico, particolarmente in auge fra i fondamentalisti religiosi negli Stati Uniti, dove per ironia della sorte la scienza è ai massimi livelli, e in espansione anche in America latina e in Europa, è particolarmente pericoloso non perché attribuisce la creazione dell’Universo e della vita a Dio, cosa comune a tutte le religioni, ma perché si propone di eliminare dalle scuole l’insegnamento del darwinismo.

Formazione della Terra

Come è ben noto, la teoria più accreditata sull’origine dell’Universo è quella del Big Bang, secondo la quale l’Universo si sarebbe formato improvvisamente poco meno di 14 miliardi di anni fa per fluttuazioni del vuoto[6]. Il nostro Sole si sarebbe formato circa 6 miliardi di anni fa, mentre i suoi pianeti, fra cui la Terra, circa un miliardo di anni più tardi per condensazione di polvere cosmica e gas espulsi da altre stelle morenti molto più grosse del sole, dette supernove. Man mano che la Terra si condensava, elementi più pesanti, come il ferro e il nichel, migrarono verso l’interno andando a formare un nucleo fuso, mentre altri più leggeri, come silicati, formarono il mantello parzialmente fuso e la crosta. La prima atmosfera terrestre era composta principalmente dai due elementi più leggeri (idrogeno ed elio), che ben presto sfuggirono nello spazio, a causa della modesta forza gravitazionale della Terra rispetto a quella di altri pianeti come Giove e Saturno. L’intenso calore proveniente dall’interno della Terra favorì emissioni vulcaniche di molti gas come ossido di carbonio, anidride carbonica, acido solfidrico, azoto, idrogeno, metano, acido cianidrico, oltre a vapore acqueo, ma non l’ossigeno, che andarono a formare una seconda atmosfera. Col progressivo raffreddamento della Terra si sarebbero quindi originate piogge torrenziali, che avrebbero formato oceani ricchi di sali e minerali disciolti dalle rocce.

Evidenze palentologiche

Purtroppo i reperti paleontologici derivanti da forme di vita primitive sono molto limitati. I fossili più antichi sono le stromatoliti[7] australiane, datate attorno a 3.5 miliardi di anni fa. Altre rocce risalenti a circa 4 miliardi di anni fa, individuate recentemente in Groenlandia, sono attribuite a forme di vita primitive per la presenza in essi di carbonio. Considerando che la formazione della Terra viene fatta risalire a circa 4.5 miliardi di anni fa, è ragionevole pensare che le primissime forme di vita possano essere comparse ancor prima di 4 miliardi di anni fa, anche se mancano evidenze fossili, in quanto probabilmente costituite di materiale molle, quindi non fossilizzabile, anche a causa delle temperature estremamente elevate allora predominanti, rendendo poco attendibile l’ipotesi che la vita abbia richiesto tempi molto lunghi prima di fare la sua comparsa sulla Terra.

Origine dei composti organici

Charles Darwin nel 1871 scrisse che composti precursori della vita si sarebbero potuti formare spontaneamente “…in un piccolo stagno caldo in presenza di sali di azoto e fosforo luce calore e fulmini…”. Il biochimico russo Alexander Oparin nella prima metà del Novecento, sulla scia di questa idea, ipotizzò che la vita avrebbe fatto la sua comparsa sulla Terra primordiale da semplici composti organici, formati da reazioni spontanee fra gas inorganici, come metano idrogeno ammoniaca e acqua presenti nell’atmosfera primitiva, accumulati nel corso di milioni di anni negli oceani primitivi, andando a formare un brodo primordiale. Oparin formulò questa teoria, rivoluzionaria per quei tempi, dopo aver visto che da alcuni composti organici, disciolti in acqua in opportune condizioni di temperatura, pH e composizione salina, si originavano sferette gommose (coacervati). Tali sferette assorbivano selettivamente sostanze dal mezzo circostante, aumentando di dimensioni fino a scindersi, simulando un comportamento simil-cellulare.

Un’ipotesi alternativa sostiene che la vita sarebbe comparsa sulla Terra solo dopo l’arrivo di meteoriti ricche di composti organici precursori della vita, sopravvissuti all’impatto con la densa atmosfera primordiale. Che si tratti di una ipotesi realistica è supportato dall’enorme varietà di composti organici trovate in alcune meteoriti cadute sulla Terra, di cui forse la più studiata è quella caduta a Murchison in Australia nel 1969. Una variante di questa ipotesi è quella proposta da Francis Crick, uno degli scopritori della struttura a doppia elica del DNA, secondo cui la vita sarebbe stata portata direttamente sulla Terra da organismi alieni (teoria della panspermia)[8]. Tuttavia, anche se ciò fosse vero, resterebbe irrisolto il problema di come la vita sarebbe sorta su altri pianeti. Anche se al momento non abbiamo prove dirette, l’esistenza di vita aliena[9] nell’Universo è ritenuta altamente probabile.

L’ipotesi di Oparin, sull’origine spontanea della vita (abiogenesi), non ricevette la dovuta attenzione fino al 1953, quando Stanley Miller iniziò una serie di esperimenti con l’intento di vedere cosa sarebbe successo mescolando in un’ampolla di vetro tre semplici gas vulcanici (ammoniaca, metano e idrogeno) in presenza di acqua liquida e scariche elettriche, simulando condizioni ritenute presenti sulla Terra primordiale. Dopo alcuni giorni Miller analizzando la miscela trovò che si erano formati molti composti organici semplici, fra cui alcuni amminoacidi presenti nelle proteine. Tali esperimenti, eseguiti in ambiente sterile, dimostrarono che la sintesi abiotica di sostanze organiche era possibile, segnando un punto di svolta per le successive indagini sull’origine della vita. Molti altri esperimenti, effettuati in condizioni di Terra primordiale usando altri gas vulcanici, fra cui l’acido cianidrico, ritenuto uno dei principali precursori di molti composti organici presenti negli organismi viventi, quali nucleotidi, zuccheri e lipidi, suggeriscono fortemente una loro probabile formazione sulla Terra primitiva, in aggiunta a quelli trovati nelle meteoriti. Tali composti si sarebbero quindi accumulati negli oceani primitivi nell’arco di milioni di anni, andando a formare il brodo primordiale.

La chiralità

Un altro problema non secondario riguarda la chiralità[10] della maggior parte dei composti tipici della materia vivente. Gli amminoacidi proteici sono tutti asimmetrici e di tipo L, cioè levogiri, mentre il ribosio, lo zucchero degli acidi nucleici, è di tipo D, cioè destrogiro (questa nomenclatura si riferisce al fatto che gli L fanno ruotare a sinistra, mentre i D a destra, il piano di polarizzazione di una luce incidente su di essi). Perché siano così non lo sappiamo, dal momento che negli esperimenti alla Miller le miscele finali contenevano amminoacidi L e D in ugual quantità, come atteso, non essendoci validi motivi chimici che una forma sia preferita sull’altra. Che gli amminoacidi nelle proteine siano tutti dello stesso tipo è dovuto al fatto che se fossero misti le proteine non potrebbero assumere strutture spaziali ben definite, ma non si capisce perché siano L anziché D. Stesso discorso vale anche per lo zucchero degli acidi nucleici, di tipo D anziché L. Le ipotesi avanzate per spiegare la omochiralità delle biomacromolecole sono tutte poco convincenti, tranne una: l’adsorbimento preferenziale di una forma chirale su cristalli chirali, come il quarzo, riscontrata in esperimenti di laboratorio, potrebbe aver dato il via, per motivi puramente contingenti, ad un processo di amplificazione selettiva di una forma sull’altra.

L’effetto idrofobico

Uno dei principi chimico-fisici più rilevanti ai fini della formazione delle principali strutture macromolecolari della cellula (proteine, acidi nucleici e membrane), di cui parleremo nella seconda parte, è il cosiddetto effetto idrofobico. Si tratta sostanzialmente di questo: una molecola apolare, come ad esempio un idrocarburo, è idrofobico, cioè molto poco solubile in acqua, perché le sue interazioni con le molecole d’acqua sono molto deboli, per cui l’interazione preferenziale è con altre molecole simili. È quello che fa l’olio in acqua, dove si dispone in cerchi molto sottili minimizzando la superficie a contatto col solvente.

Gli amminoacidi proteici, i nucleotidi e i fosfolipidi, che compongono rispettivamente le proteine, gli acidi nucleici e le membrane, sono composti anfipatici, ossia contengono al loro interno sia porzioni apolari sia porzioni polari (solo quest’ultimi interagiscono bene con l’acqua). Se ogni proteina acquisisce una struttura tridimensionale caratteristica, diversa da quella di tutte le altre proteine, ciò si deve proprio all’effetto idrofobico, nel senso che gli amminoacidi più idrofobici tendono a starsene all’interno della struttura, mentre quelli più idrofilici si posizionano esternamente, a contatto con l’acqua. Altrettanto vale per l’acido deossiribonucleico (DNA), i cui nucleotidi sono composti da una porzione più idrofobica (le 4 basi nucleiche A, T, G, C) ed una più idrofilica (la porzione zucchero-fosfato). Se paragoniamo la doppia elica ad una scala a chiocciola, le basi formano i gradini interni, mentre i gruppi zucchero-fosfato la ringhiera esterna della catena a contatto con l’acqua. Questo effetto governa anche la struttura delle membrane, essendo queste formate da aggregati di molecole fosfolipidiche, ognuna contenente una parte idrofobica (la coda lipidica) e una testa idrofilica (un gruppo fosfato): queste molecole si dispongono a sandwich, ossia formano un doppio strato, in cui le code idrofobiche sono a contatto internamente fra loro, mentre le teste polari restano all’esterno a contatto con le fasi acquose esterna ed interna alla cellula.

La responsabilità principale di questo effetto non è però dovuto ai gruppi apolari, ma all’acqua. Allo stato liquido le molecole d’acqua interagiscono più fortemente fra loro, mediante legami a idrogeno, che con molecole apolari, più di quanto facciano quest’ultime fra di loro. Dal punto di vista termodinamico lo stato più stabile è quello che minimizza la perdita di legami a idrogeno, quindi lo stato che si realizza è quello in cui l’acqua assume una struttura meno perturbata possibile rispetto a quella che assume allo stato puro.

Nella seconda parte verranno presentate evidenze e relative teorie circa i processi che hanno portato alla formazione delle prime cellule, con particolare attenzione a quelli che potrebbero aver originato le biomacromolecole, dalla cui fitta rete di interazioni reciproche e con l’ambiente, esterno ed interno alla cellula, dipende in modo sostanziale la dinamica della vita.

  1. Ad esempio l’ilozoismo, corrente filosofica presocratica, assume che la capacità di generare la vita sia intrinseca alla materia e come tale ampiamente diffusa nel cosmo, senza ricorrere ad alcun ente soprannaturale.
  2. Galileo Galilei, attorno al 1600, fu il primo ad usare in modo sistematico questo metodo nell’osservazione dei fenomeni naturali, usando rigorosi criteri quantitativi e matematici.
  3. Teoria particolarmente attiva fra il ‘700 ed ‘800, ma con radici ben più antiche, che ha rappresentato una rivisitazione del neoplatonismo e della filosofia medievale, secondo la quale “la vita” non è riconducibile esclusivamente a fenomeni naturali, ma ha un’origine divina.
  4. Questa teoria, proposta per la prima volta da Huxley nel 1870, si riferisce all’origine spontanea della vita dalla materia inerte nel contesto evolutivo della Terra primitiva, quindi non ha niente a che fare con la genesi spontanea descritta dalla teoria della forza vitale.
  5. Corrente di pensiero secondo la quale la vita sarebbe la prova che l’Universo ha un orientamento teleologico in quanto opera di Dio.
  6. Secondo la meccanica quantistica il vuoto non è uno stato in cui non c’è niente ma uno stato di energia minima, in cui coppie di particelle virtuali (particelle e antiparticelle) appaiono e scompaiono continuamente.
  7. Strutture sedimentarie derivate da microrganismi simili agli attuali cianobatteri fotosintetici.
  8. Antica teoria filosofica favorevole alla generazione spontanea, ripresa nell’800, secondo la quale i germi della vita sono sparsi nell’Universo.
  9. L’astrofisico Frank Drake nel 1961 propose un’espressione matematica, nota come formula di Drake, per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia. Attualmente la NASA https://exoplanets.nasa.gov/ sta portando avanti un programma per la scoperta e la comprensione dei sistemi planetari attorno alle stelle vicine.
  10. In chimica la chiralità è una proprietà delle molecole asimmetriche, con struttura chimica identica ma non sovrapponibile; un esempio macroscopico di asimmetria è dato dalle mani, speculari ma non sovrapponibili.

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