Origine della vita: seconda parte

*Si continua l’articolo Origine della vita: prima parte, pubblicato in data 13/05.

 

Di Roberto Favilla

Già professore di Biologia Molecolare presso l’Università degli Studi di Parma.

 

Formazione delle macromolecole

Le successive fasi evolutive verso la formazione delle cellule a partire dai piccoli precursori organici implicano la comparsa delle biomacromolecole, come le proteine[1], gli acidi nucleici DNA e RNA [2]e i polisaccaridi[3]. Da questi polimeri, soprattutto dalle proteine, dipendono in modo sostanziale tutte le funzioni cellulari. La necessità di avere vescicole chiuse entro cui siano dovuti avvenire questi processi non presenta grossi problemi teorici, dal momento che queste si formano spontaneamente disperdendo in acqua composti lipidici[4]. La sintesi delle proteine e degli acidi nucleici presenta invece difficoltà teoriche, dal momento che è sfavorita in acqua per ragioni termodinamiche. Fra le molte teorie proposte, alcune privilegiano la comparsa degli acidi nucleici prima delle proteine, mentre altre l’opposto.

Quella che per molto tempo ha riscosso maggior successo fra gli scienziati è la “teoria del mondo a RNA”, nome coniato da W. Gilbert nel 1986, secondo la quale le molecole di RNA sarebbero comparse sulla Terra primitiva prima del DNA e delle proteine riuscendo a svolgere alcune funzioni tipiche di quest’ultime. In effetti sappiamo che l’RNA, in quanto simile come struttura al DNA, può svolgere il ruolo di depositario primitivo delle informazioni genetiche in quanto capace di avvolgersi a doppia elica, come succede per alcuni virus. La cosa più sorprendente però è il fatto che alcune molecole di RNA possono assumere strutture tridimensionali diverse dalla doppia elica, grazie alle quali agiscono da catalizzatori in alcune reazioni chimiche, fra cui la propria replicazione, come fanno le proteine enzimatiche, e per questo chiamate ribozimi. I primitivi processi di replicazione dell’RNA, necessariamente poco accurati, avrebbero originato molecole leggermente diverse dall’originale, aumentando la variabilità genetica e di conseguenza anche quella catalitica (ciò succede, anche se in misura molto minore, nei virus che hanno l’RNA come materiale genetico, come ad es. il coronavirus responsabile del Covid19, strategia che aumenta le probabilità di sopravvivenza in ambienti mutevoli). In favore di questa ipotesi gioca il fatto che l’RNA nelle cellule attuali svolge parecchie funzioni relative all’espressione dell’informazione genetica, agendo da trasportatore dell’informazione genetica dal DNA ai ribosomi, dove avviene la sintesi delle proteine, sia da catalizzatore nella formazione del legame peptidico[5]. D’altra parte questa ipotesi solleva alcune perplessità per il fatto che l’RNA non è molto stabile in acqua per cui non è facile sintetizzarla in laboratorio dai suoi precursori. Anche per questo motivo, altri ricercatori hanno proposto teorie alternative, più favorevoli ad una primitiva comparsa del metabolismo e/o di compartimenti chiusi piuttosto che dell’RNA, di cui ne citiamo quattro:

  1. Teoria dei solfuri di ferro: Wächterhäuser sostenne alla fine degli anni ‘80 che le proteine si sarebbero potute formare prima dell’RNA e delle membrane lipidiche, all’interno di microcaverne formate da solfuri ferrosi depositati in prossimità di bocche idrotermali sottomarine, chiamate fumarole alcaline. Le proteine formatesi in tali condizioni avrebbero favorito una serie di reazioni chimiche che avrebbero dato origine ad un metabolismo primitivo.
  2. Teoria dei tioesteri: de Duve sostenne negli anni ‘90 una teoria simile alla precedente, basata sul fatto che la scissione da parte dell’acqua del legame fra carbonio e zolfo dei tioesteri libera una quantità di energia chimica sufficiente alla formazione di un legame peptidico.
  3. Teoria del polifosfato: il problema principale nella formazione delle proteine dai rispettivi precursori sta nel fatto, come già detto, che la formazione dei legami peptidici fra i vari amminoacidi, accompagnata da rilascio di molecole di acqua, è fortemente sfavorita in ambiente acquoso, dal momento che l’acqua presente in grande eccesso spinge la reazione in senso opposto. La formazione del legame peptidico diventa però favorevole se è “accoppiata” alla scissione del polifosfato in acqua da parte dei raggi UV, dal momento che questo processo rilascia una notevole quantità di energia. A questo proposito vale la pena notare che nelle cellule viene sintetizzato l’Adenosin-trifosfato (ATP), molecola contenete appunto un gruppo polifosfato, usato come donatore universale di energia in tutti i processi biosintetici.
  4. Teoria delle vescicole: molecole organiche scarsamente solubili in acqua, come i fosfolipidi, restando sulla superficie dei mari, potrebbero essere state trasportate dal vento in stagni costieri poco profondi, dove, per effetto di ripetute evaporazioni, si sarebbero concentrati. Simili condizioni avrebbero così favorito la formazione di compartimenti acquosi chiusi, circondati da una membrana fosfolipidica, tipica di tutte le cellule, entro cui la formazione di amminoacidi nucleotidi e carboidrati, prelevati dall’ambiente, avrebbe potuto avvenire senza dispersione.

Molti esperimenti di laboratorio hanno fornito evidenze a favore dell’una o dell’altra teoria; ad esempio è stato osservato che alcuni complessi fra peptidi (corte catene di amminoacidi) ed RNA possiedono attività catalitica, come quella dei ribozimi, rendendo plausibile un coinvolgimento diretto di RNA nell’evoluzione del meccanismo di traduzione[6]. È stato anche osservato che alcune catene peptidiche sono di grado di originare cicli autocatalitici, offrendosi quindi come possibile spiegazione dell’origine del metabolismo[7] indipendente dagli acidi nucleici. In generale possiamo concludere che ognuna di queste teorie è sostenuta da evidenze sperimentali, sia pure molto limitate, tuttavia resta da dimostrare se e quale ruolo abbia svolto nei processi biogenici primordiali.

L’evoluzione molecolare per selezione naturale avrebbe condotto alla graduale sostituzione dell’RNA col DNA a doppia elica come materiale genetico, grazie al processo di retrotrascrizione[8]. Essendo la doppia elica del DNA molto più stabile dell’RNA, ciò avrebbe portato un vantaggio evolutivo molto importante, perché avrebbe conferito una maggior protezione all’informazione genetica nei confronti dell’ambiente. Anche la sostituzione dei ribozimi con enzimi proteici si sarebbe verificata per la molto maggiore efficienza e specificità di quest’ultimi. Vale la pena ribadire il fatto che, per prevenire la dispersione dei vari composti nell’ambiente, tutti i processi metabolici avrebbero dovuto svolgersi in compartimenti chiusi e semi-impermeabili, permettendo da un lato l’ingresso dei nutrienti e la fuoriuscita dei prodotti di scarto, e dall’altro la realizzazione delle reazioni biosintetiche, di cui la più dispendiosa è la sintesi delle proteine con oltre l’80% di tutta l’energia chimica usata dalle cellule.

Dalle macromolecole alle cellule

Come già accennato sopra, si sta facendo strada l’idea che la vita si sia affermata grazie all’instaurarsi di reti autocatalitiche all’interno delle (proto)cellule, espandendosi fino ad una vera e propria rete metabolica complessa, come quella delle cellule. Ciò avrebbe generato anche un gradiente chimico stabile di protoni (nuclei di idrogeno) fra interno ed esterno della membrana, universalmente presente in tutte le cellule, che la cellula usa per mantenere l’omeostasi[9]. Questa situazione di stato stazionario è molto diversa dallo stato di equilibrio, che subentra quando la cellula muore per l’interruzione nel flusso di energia ed informazioni chimiche, causata da danni irreversibili di varia natura (es. rottura delle membrane, perdita dei gradienti protonici, danni non riparabili al DNA per effetto di radiazioni ionizzanti, ecc.). Oltre all’energia consumata per il mantenimento dell’omeostasi, la cellula ne usa molta altra per la sintesi delle proteine responsabili dello svolgimento non solo di tutti i processi cellulari, come crescita e divisione cellulare, ma del ricambio di apparati difettosi, diventati tali per effetto dell’agitazione termica e di altri fattori ambientali. È grazie a queste attività che la cellula mantiene o addirittura aumenta il proprio ordine interno, con contemporaneo rilascio nell’ambiente di prodotti di scarto a minor contenuto energetico e un aumento complessivo di entropia[10], senza violare la seconda legge della termodinamica.

Dalle prime cellule ai nostri giorni

L’analisi delle sequenze genomiche di moltissimi organismi viventi ci fornisce un quadro generale in sostanziale accordo con la teoria dell’evoluzione, oltre che con le leggi della chimica-fisica, secondo cui discendiamo tutti da un antenato comune. Questo antenato comune, chiamato LUCA (acronimo di Last Universal Common Ancestor), rappresenta non la prima ma l’ultima popolazione sopravvissuta di cellule ancestrali molto simili, se non identiche, lasciando intendere che altre popolazioni cellulari potrebbero non aver superato la selezione naturale.

Dall’origine della vita ad oggi sono passati circa 4 miliardi di anni, una dimensione temporale difficilmente immaginabile, durante la quale la popolazione di cellule LUCA si è differenziata in forme così numerose e sorprendenti da superare qualsiasi immaginazione. Questi discendenti sono rimasti per quasi due miliardi di anni allo stato di semplici procarioti monocellulari, durante i quali però alcuni sono riusciti a sviluppare un meccanismo di cattura dell’energia solare trasformandola in energia chimica (fotosintesi), diventando autotrofi. Il passaggio dallo stato di eterotrofia a quello di autotrofia fece aumentare enormemente le possibilità di sopravvivenza e biodiversità sul pianeta, dal momento che anche gli organismi rimasti eterotrofi poterono avvantaggiarsene appropriandosi dei composti organici sintetizzati dagli autotrofi e superando così la crisi dovuta al crescente impoverimento delle riserve organiche presenti sulla Terra primitiva.

Le prime cellule eucariotiche (dotate di nucleo), molto più grosse e complesse dei procarioti, fecero la loro apparizione circa due miliardi di anni fa e rimasero allo stato monocellulare per oltre un altro miliardo di anni. Solo all’inizio del Cambriano, meno di 600 milioni di anni fa, per ragioni ancora poco chiare, ci fu una brusca transizione, detta esplosione del Cambriano, dalla quale emerse una varietà enorme di organismi multicellulari, dai quali sono discese tutte le successive specie vissute e viventi appartenenti ai tre regni eucariotici (piante, funghi e animali).

Vita sintetica

Anche se è praticamente impossibile risalire ai processi responsabili dell’origine della vita sulla Terra realmente accaduti, molti esperimenti vengono eseguiti in vari laboratori di ricerca allo scopo di (ri)creare forme di vita, anche se più semplici di quelle esistenti in natura. Alcuni procedono secondo l’approccio dal basso verso l’alto (bottom-up), cioè aggiungendo composti all’interno di vescicole acquose circondate da membrane lipidiche, mentre altri seguono l’approccio opposto, dall’alto verso il basso (top-down), riducendo progressivamente il numero di geni di una cellula batterica per individuare i requisiti minimi essenziali per la vita. Altri ancora cercano di creare batteri sintetici per scopi tecnologici, come ripulire ambienti inquinati o produrre composti importanti per l’industria chimica e farmaceutica.

Conclusioni

Sono state presentate evidenze e teorie sull’origine della vita, alcune delle quali individuano negli acidi nucleici, altre nelle proteine, altre ancora nelle vescicole le cause primarie del fenomeno. Anche se non sappiamo ancora quali eventi abbiano portato all’emergere del fenomeno vita, è probabile che molti dei processi descritti abbiano giocato un ruolo. Secondo la teoria dell’autopoiesi, proposta da Maturana e Varela nel 1980, la vita consiste in un’organizzazione di processi capaci di produrre componenti le cui proprietà consentono di produrre gli stessi processi.

Dal punto di vista filosofico, circa il problema dell’origine della vita si sono affermate due scuole di pensiero opposte. Una sostiene che la vita sia una manifestazione necessaria del divenire della materia, e quindi sia presente, o comunque sia sorta, non solo sulla Terra primitiva ma anche su numerosissimi altri pianeti presenti dell’Universo. Questa visione deterministica, una sorta di “imperativo cosmico”, è sostenuta anche dai fautori di un “disegno intelligente” voluto da Dio per dare uno scopo alla nostra presenza nell’Universo. L’altra scuola di pensiero sostiene invece che la vita non si sia originata come necessità imposta dalle leggi fisiche, che regolano il comportamento della materia, ma neppure per caso, poiché questo implicherebbe che qualcosa potrebbe avvenire a prescindere da quelle leggi, ma piuttosto per contingenza, cioè per una imprevedibile serie di eventi fra loro completamente indipendenti. Un esempio di contingenza è la scomparsa dei dinosauri avvenuta circa 65 milioni di anni fa, oltre che molte altre specie, in seguito alla caduta di una grossa meteorite sulla Terra che ha osculato l’atmosfera per migliaia di anni. Questa visione non finalistica del divenire del cosmo, descritta anche da Monod nel suo famoso libro del 1970 “Il caso e la necessità”, è oggi quella più ampiamente condivisa fra gli scienziati.

 

Dieci libri sull’origine della vita (in italiano o tradotti in italiano)

Oparin A.I. (1977) L’origine della vita, Boringhieri; ed. orig. (1924) Proishkoždenie žizni, Moskowski Rabočii, Mosca.

Crick F. (1983) L’origine della vita, Garzanti; ed. orig. (1982) Life itself: its origin and nature, Simon-Schuster, New York.

Dyson F. (1987) Le origini della vita, Bollati Boringhieri; ed. (1985) Origins of life, Cambridge University Press.

Ageno M. (1991) Dal non vivente al vivente, Theoria Edizioni.

Davies P. (2000) Da dove viene la vita, Mondadori; ed. orig. (1999) The fifth miracle: the Search for the Origin and Meaning of Life, Orion Productions, New York.

Maturana H.R. e Varela F., (2001) Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio; ed. orig. (1980) Autopiesis and cognition: the realization of the living, Springer.

de Duve C. (2008) Alle origini della vita, Longanesi; ed. orig. (2005) Singularities: landmarks on the pathways of life, Cambridge University Press.

Luisi P.L. (2013) Sull’origine della vita e della biodiversità, Mondadori.

Baggott J. (2017) Origini, Adelphi; ed. orig. (2015) Origins, Oxford University Press.

Kauffman S. (2020) Un mondo oltre la fisica: nascita ed evoluzione della vita, Codice; ed. orig. (2019) A world beyond Physics: the emergence and evolution of life, Oxford University Press.

 

  1. Polimeri lineari formati dall’unione di 20 diverse unità monomeriche (amminoacidi), la cui lunghezza varia da alcune decine ad alcune migliaia di unità. Dal punto di vista strutturale si distinguono in fibrose e globulari. Quelle fibrose svolgono funzioni strutturali, le altre funzioni più variegate: catalitiche (enzimi), immunologiche (anticorpi), di trasporto (es. emoglobina), muscolari, regolative, di difesa (veleni) ecc.
  2. Polimeri lineari contenenti le informazioni genetiche, formati dall’unione di 4 diverse unità nucleotidiche (adenina, guanina, citosina e timina (uracile nell’RNA). Il DNA nei cromosomi può raggiungere lunghezze superiori a 100 milioni di unità.
  3. Polimeri lineari e ramificati formati dall’unione di unità semplici, come il glucosio. In natura i più diffusi sono la cellulosa, non digeribile, e l’amido, uno degli alimenti principali degli animali.
  4. I fosfolipidi, componenti essenziali delle membrane biologiche, formano in acqua un doppio strato composto conseguente alla loro struttura, contenete una “testa idrofilica”, rivolta verso l’esterno acquoso e una “coda idrofobica”, rivolta verso l’interno del doppio strato.
  5. Legame chimico che si forma fra due amminoacidi nelle catene proteiche nascenti, con liberazione di molecola di acqua. Questa reazione (condensazione) è comune alla formazione di tutti e tre i tipi di polimeri presi in considerazione.
  6. Meccanismo di sintesi delle proteine. Avviene sui ribosomi, grossi complessi supermolecolari di struttura tridimensionale simile ad un fungo, e coinvolge centinaia di molecole di RNA e proteine.
  7. Insieme di tutte le reazioni biochimiche strettamente coordinate, funzionanti in tutte le cellule; il loro numero è dell’ordine di diverse migliaia in ogni cellula.
  8. Processo usato solo da alcuni virus ad RNA, come l’HIV (retrovirus), quando infettano le cellule. Nelle cellule avviene il processo opposto (trascrizione), con cui è l’RNA ad essere sintetizzato usando il DNA come stampo.
  9. Stato dinamico di una cellula, o di un organismo, in cui la composizione chimica interna resta pressoché invariata in modo da mantenere la capacità di svolgimento delle funzioni vitali.
  10. Una comoda definizione è quella di considerare l’entropia come una misura del disordine di un sistema.

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