A proposito di “Civiltà, città, dialetti”
di Antonio Battei – Fu il tempo dell’ardore e del sudore il tempo di ricostruire, e non solamente case e monumenti, ma anche quello spirito lavorativo a lungo, troppo a lungo, spezzato da guerre inutili, come lo sono tutte le guerre, cariche di sangue, di lutti e disperazione.
E verso la fine degli anni Quaranta un uomo ancor giovane, di ritorno dai campi di concentramento tedeschi, lungimirante e amante del sapere da tramandare fonda, tra le altre collane editoriali, “Musa dialettale parmense” a raccogliere il meglio della scrittura in vernacolo. Libri realizzati con caratteri Bodoni su di una carta assai pregiata, la Miliani di Fabriano (acquistata poi dal prestigioso gruppo Fedrigoni e, dal dicembre 2017, ahimè, ceduta ad un fondo americano). Non trascura nemmeno le legature alla “ciabattina” con filo refe e, a volte, con i piatti e i dorsi in pelle di chevron: una collana editoriale illustrata, tra gli altri, da Latino Barilli, Carlo Mattioli, Luigi Tessoni e Libero Tosi.
Quel giovane uomo è mio padre Angelo (1919 – 1963) nipote di quell’editore Luigi (1847 – 1917) tra i primi in Italia ad alfabetizzare il nostro paese: “…inventando strumenti innovativi e sorprendenti per quei tempi…” Giovanni Spadolini.
E tra le tante voci poetiche spicca quella di Alfredo Zerbini, indimenticabile cantore della Parma popolare, quella più schietta e “verace” che prende forma di libro nel 1953 con “Sott’al Torri di Pavlot”, nel 1954 “Nota d’agost”, nel 1975 “I fastidi d’na serva” e nel 1982 con l’opera omnia “Tutte le poesie”. Ancora una volta, Angelo Battei (più tardi chi scrive) non lesina fatiche e denari ad onorare così un poeta ma anche un amico arrivando a realizzare per lui un saggio d’arte tipografica, tirata in soli cinquanta esemplari numerati su carta uso mano “Nota d’agost” con disegni originali di Silvano Manfredi e un’introduzione di Ildebrando Pizzetti.
E Francesco Gianola Bazzini, raffinato studioso, in quel luminoso giardino poetico scorge una luce e coglie “La nona a l’Ospedalen” dimostrando così una sensibilità non comune. E di quella poesia l’amico Francesco scrive con mano lieve immedesimadosi nel poeta stesso e a noi rende, in questi tristi e dolorosi momenti, quella grazia ricca di sentimenti.
Il “poeta dei borghi dell’Oltretorrente” è figlio di un’umile famiglia d’artigiani che, nel 1895, gli diede i natali in borgo dei Minelli e trascorre la vita impiegato alla Biblioteca Palatina impegnato a tramandare a noi pennellate di colore e “calore” a dar vita ad una poesia voce d’uomo semplice.
Prosegue in quella linea di luce tracciata da don Gino Marchi e Giuseppe Marchetti l’amico Francesco e a lui vada il grazie di Alfredo Zerbini e Angelo Battei e da ultimo il mio grazie per tener viva quella piccola fiamma che non si estinguerà mai finchè resterà con amore custodita nel nostro cuore a illuminare e rasserenare.
Quando i famigerati ‘campanili’ sono “… ‘al Torri di Pavlot” (stampate su carta Miliani ecc. ecc.), aut similia – be’, ecco che tutto prende ben più ampio respiro. Onore al merito!