Giuseppe Garibaldi e il suo impegno politico e sociale

Di Francesco Gianola Bazzini

Cento anni fa, 1921, fu l’anno in cui si consumò a Livorno la dolorosa scissione all’interno della sinistra. Sabato 16 ottobre, in una mattinata di studio a Palazzo del Governatore nell’ambito della mostra su Antonio Gramsci, è mia intenzione ripercorrere brevemente la strada che precede Livorno e come il movimento socialista, in cui le diverse anime della sinistra in larga parte si riconoscevano, seppe porre le basi per le conquiste sociali e politiche che la società globale pare oggi voler rimettere in discussione. Il titolo del seminario prende spunto dal concetto turatiano del “Maestoso Fiume”. Un breve excursus sul lungo tratto che il grande fiume della sinistra italiana ha intrapreso prima di dividersi in correnti. Lo sguardo è rivolto però anche ai precursori (personalità e movimenti), mettendone in rilievo il pensiero e l’impegno concreto. Il percorso parte da lontano, diciamo dalle sorgenti, quando un movimento di riscatto sociale si muove tra diverse istanze, figlie di momenti storici molto diversi da quello attuale.

Un primo profilo è quello di un grande del risorgimento italiano: Giuseppe Garibaldi, di cui non vogliamo ripercorrere il suo impegno per l’unità del nostro Paese, a cui peraltro ha dato un contributo fondamentale, ma sottolinearne la sensibilità politico sociale, senza con questo appiccicargli un’etichetta fatto che sarebbe ingeneroso e strumentale.

Giuseppe Garibaldi: “Il socialismo è il sole dell’avvenire”, è un pensiero ricorrente nel coraggioso protagonista risorgimentale; certamente attraverso quella retorica figlia dei tempi, ma che l’eroe dei due mondi ebbe occasione di tradurre anche in ideali e proposte concrete.

Il socialismo come partito nasce ufficialmente nel 1892 a Genova. Le più eminenti figure della sinistra, Turati, Gramsci, Serrati, Bordiga, Anna Kuliscioff, Buozzi, Prampolini, Terracini e l’elenco potrebbe continuare a lungo, pur con le diverse sensibilità ne sono i protagonisti, avvicindandovisi nel tempo. Ma vi sono una serie di istanze, eventi e personalità che ne anticipano la sua comparsa nello scenario politico italiano. Una genesi che affonda le sue radici nel risorgimento italiano raccogliendo quale linfa vitale principi dal pensiero mazziniano e da altre componenti avanzate estranee alla rivoluzione industriale che in Italia faticava a mostrarsi all’orizzonte. Cercare nel “Nostro” dosi più o meno concrete di marxismo diventa uno sforzo assai arduo. Ma Garibaldi, figlio del popolo, è socialista nella coscienza e nelle sue prese di posizione. Suscita grande entusiasmo nelle maestranze inglesi la sua visita a Londra nel 1864, che spinge le proprie componenti sindacali, le Trade Unions, ad intensificare i rapporti con le consorelle continentali. Difende la Repubblica francese e la sua comune contro l’aggressione prussiana, prima grande manifestazione di diffusione internazionalista in Italia. Cominciano a formarsi nella penisola le prime società operaie, sotto forma di cooperative che vogliono Garibaldi quale presidente onorario. Nel Partito D’Azione risorgimentale, suo riferimento politico comincia a prendere vita l’internazionalismo classista. Una sua professione concreta di fede politica la esplicita a Milano, durante la visita di alcuni amici; in quella occasione si professa socialista, ritenendo però che la realizzazione di quegli ideali dovrà necessariamente passare attraverso l’instaurazione della repubblica. La repubblica come mezzo, il socialismo come fine. Il suo impegno militare assume molto spesso i connotati della guerriglia, che influenza molti moti pre e post unitari, che accompagnando la lotta di liberazione nazionale per l’unità d’Italia furono sempre accompagnati specialmente nel nostro meridione da ideali di riscatto sociale; guarda caso proprio in quei territori in cui la presenza garibaldina ne fu la principale artefice. Certo quale figlio del tempo e delle circostanze storiche, il suo socialismo non è scevro da pulsioni nazionaliste, che il fascismo in modo strumentale cercherà di fare proprie. Ma il fascismo la tradizione garibaldina se la troverà sul fronte opposto in almeno due cruciali circostanze: la guerra di Spagna nella legione di Carlo Rosselli e nelle Brigate Garibaldi che costituirono gran parte delle forze partigiane.

Durante il Risorgimento il ruolo di Garibaldi è duplice, se da un lato il suo impegno quale generale militare è teso, sotto l’egida sabauda allo sforzo di unificazione nazionale, dall’altro non manca di dare il suo supporto agli esperimenti repubblicani che si sviluppano a Firenze, Venezia e Roma. In particolare nella capitale della cristianità nasce la repubblica Romana il cui governo fu affidato a Mazzini, ma la cui difesa armata fu organizzata da Garibaldi, sconfitto però dalle truppe francesi accorse in difesa del Papa.

Poco si conosce di Garibaldi riformatore che avanza proposte, ma che non si esime dal denunciare nel contempo la corruzione e il clientelismo, male oscuro che ha accompagnato da sempre la storia tribolata del Nostro Paese. Sul piano delle proposte concrete: la sistemazione del letto del Tevere e il risanamento dell’agro romano, non solo come scelta di sviluppo economico ma come strumento di sviluppo sociale per le popolazioni interessate. Il suo laicismo, che a volte indugia in espressioni anticlericali figlie di un implicito teismo massonico, contribuisce al lento sforzo della chiesa di avvicinamento a posizioni di tolleranza e di dialogo.

Non manca poi il suo impegno nello scacchiere internazionale nelle lotte contro la fame e per l’indipendenza dei popoli, che gli vale il titolo di “Eroe dei Due Mondi”. Fallita un’insurrezione in Piemonte 1834, alla cui realizzazione diede il suo contributo, Giuseppe Garibaldi dopo un’avventurosa latitanza, sbarca a Rio De Janeiro dove prende contatto con un gruppo di italiani aderenti alla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini. Partecipa alle lotte per l’indipendenza dello stato secessionista riograndese dall’impero brasiliano (oggi regione del Riogrande do Sul). Partecipa alla guerra civile uruguaiana alla testa di una legione italiana dalle divise color rosso nel 1843.

In Sud America, conosce Anita (Anna Maria de Jesus Ribeiro da Silva) che sposa nel 1842.

La figura di Garibaldi è fondamentale nello svolgersi del Risorgimento Italiano, partecipa alle Guerre D’Indipendenza e con la sua spedizione dei Mille libera ed unifica al regno D’Italia il Regno borbonico delle Due Sicilie. La sua fama, le sue idee, la sua capacità di galvanizzare le folle e le sue vittorie militari contribuirono in maniera determinante all’unificazione dello Stato italiano.

Avversario della Chiesa e del Papato, ma profondamente religioso alla fine della sua vita si avvicinò ai principi deistici della massoneria. Amante della natura e degli animali, fu tra i fondatori nel 1871 della Società per la Protezione degli Animali, l’attuale Ente Nazionale Protezione Animali.

Con la Lega della democrazia, fondata a Roma nel 1879 e attraverso l’omonimo giornale, Garibaldi cercò di realizzare un programma politico che prevedeva il suffragio universale maschile, l’autonomia dello Stato dalla Chiesa, la confisca dei beni ecclesiastici ed un programma di lavori pubblici.

La sua figura è stata oggetto di analisi da parte di numerosi studiosi e politici; scrive Giovanni Spadolini allo stesso tempo politico ed eminente studioso: << Garibaldi appartiene ormai alla coscienza nazionale come nessun altro eroe del risorgimento. L’autunno dei valori risorgimentali non ha inciso sulla resistenza della sua epica e sul fascino della sua leggenda. … Tutte le figure del riscatto nazionale si scoloriscono: Garibaldi no. Perfino gli ostracismi clericali di una volta si sono attenuati. Sono lontani i tempi in cui Don Davide Albertario evitava di pronunciare quel nome per “non profanare quei luoghi sacri”>>.[1]

  1. Giovanni Spadolini, <<Il Mio>> Garibaldi, Ed. Le Monnier, Firenze, 1982

 

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