Di dialogo si vive
di Luciano Mazzoni Benoni
Un appello per la sopravvivenza. Senza retorica e senza fughe nella sfera religiosa, il documento non può lasciare indifferente nessuna persona consapevole: perché è credibile, propositivo di terreni di lavoro comune e praticabile da chiunque. Anche da una nuova generazione chiamata a farsi eroica: una sfida che parte dal sogno, ma che deve necessariamente tradurlo in realtà trasformativa e generativa. Una prospettiva coraggiosa e inaudita, che inaugura un pensiero non eurocentrico a livello pontificio, si lascia alle spalle le culture politiche del ‘900 e il privilegio autoreferenziale delle religioni.
Già dalla titolazione, questa Enciclica è un appello che interpella le coscienze (e suona come un appello degli ultimi tempi).
Il suo retroterra è costituito dai precedenti testi di papa Francesco: soprattutto Laudato sì e Querida Amazzonia: la prima molto citata ma poco letta, la seconda ignorata dai più ed invece di straordinario livello e di valenza universale e non solo locale. Ma il testo si colloca altresì in relazione con la consapevolezza acquisita nella comunità scientifica mondiale (non così dalla politica) attorno alle prospettive planetarie in ordine alla stagione bifronte della crisi ecologica e della complessità (il pensiero corre a Edgar Morin), che definiscono l’attuale contesto, da leggersi tuttavia alla luce della comprensione nuova di un mondo tutto inter-connesso: con la Terra che (insieme a tutte le sue creature subalterne) appare così come una barca in balìa delle smanie suprematiste, speciste e antropocentriche, soggiogata ai poteri finanziari e tecnocratici, eppure priva di una guida univoca e quindi abbandonata a se stessa, in attesa di un qualcuno che finalmente sia in grado di prendersene cura e di orientarla verso lidi sicuri, verso un possibile futuro di vita.
Perché dovrebbe risultare credibile (specie ai destinatari non cattolici né cristiani)? Enumero almeno tre buone ragioni.
La prima. Mi pare che chiunque possa convenire sul fatto che la credibilità risieda anzitutto nella prassi dimostrata in prima persona dall’Autore: prima in Argentina, poi in Vaticano: una pratica di dialogo verace ed efficace ad ogni livello, che diviene sistematico e pervade ogni ambito: quello civile e sociale, quello scientifico e quello politico, infine anche quello religioso. Dialogo che riconosce l’altro, apre relazioni ed inaugura nuove dinamiche, oltre quelle della dialettica occidentale e della democrazia liberale (qui il pensiero corre a Martin Buber o Raimon Panikkar). E che ha visto – per la prima volta – lui papa (capo di stato) dialogare, anzi convocare i movimenti popolari del mondo (a loro volta spesso misconosciuti dalle rispettive istituzioni)!
La seconda. Questa lettera, insieme a Querida Amazzonia, inaugura per la prima volta a livello pontificio una forma di pensiero non eurocentrica, meritandosi quindi un più accentuato e verace respiro “cattolico”: fin qui mai pienamente conseguito, perché l’aspirazione all’universalismo troppe volte ha coinciso con punti di vista unilaterali o comunque viziati da false premesse culturali. Qui avviene una adesione piena all’ottica interculturale, adottata come paradigma. Spingendosi fin a citare la samba di un poeta brasiliano per riaffermare con più forza che “la vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita” (n.215 – Vinicius de Moraes, da leggere ed ascoltare: https://youtu.be/aot4CXFVzds ).
La terza. Quando poi approda al versante del dialogo interreligioso, già più volte in precedenza definito da papa Francesco non opzione discrezionale bensì dovere imprescindibile, il discorso prosegue con un appello deciso rivolto alle religioni (non senza menzionare errori, deviazioni, corresponsabilità, divisioni, insufficienze); che resta senza scampo obbligante (oltre ogni rivendicazione identitaria), persino verso l’ateo, e che deve tradursi in impegno esteso: in quanto esse “offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società” (n.271). Qui sembra riecheggiare quanto pretendeva Pierre Teilhard de Chardin nel 1934: chiedendo che esse – oltre l’autosufficienza e l’autoreferenza – valutino e dimostrino il proprio apporto all’evoluzione del Pianeta; appello che ha meritato il plauso entusiasta di quel Leonardo Boff a suo tempo censurato dal Vaticano (La politica come tenerezza e amabilità, in “Adista” 24.10.2020). Ma va anche osservato, in proposito, come tra le fonti dell’Enciclica compaiano autori non cristiani: era accaduto già con Giovanni Paolo II, ma solo di matrice ebraica; ora compaiono anche altre provenienze culturali e religiose che parlano da sole. Già questo è un fatto eloquente che ben si presterebbe a una riflessione teologica avveduta (è una apertura di fatto alla nuova disciplina della ‘teologia delle religioni’)!. E lo fa, menzionando persone autorevoli con le quali ha condiviso in concreto atti significativi e innovativi (come l’Appello alla fratellanza umana, Abu Dhabi 2019).
L’appello però non resta superficiale né mero afflato irenico e non si accontenta di suscitare mero plauso o adesione solo verbale (anzi rifiuta esplicitamente l’approccio diplomatico al dialogo interreligioso), ma si fa forte: si passa dall’invito al sogno all’invito alla lotta; e – se dapprima suggerisce una nuova grammatica politica: quella della tenerezza – approda poi addirittura ad un cenno di sapore quasi eversivo: «Non aspettatevi niente dall’alto perché viene sempre più dallo stesso (potere) o peggio; cominciate da voi stessi». Per questo indica la via: «È possibile cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo» (n.78). Un invito dunque a farsi “eroi del futuro”. Ma mentre lo leggiamo e lo vediamo alle prese con formidabili resistenze interne (curia romana e numerosi vescovi), nonché con agguerriti avversari esterni (Trump e suoi alleati), non ci accorgiamo forse di avere già in lui un esempio di eroe disarmato (come san Francesco alla quinta crociata e come Charles de Foucauld nel deserto) del nostro tempo inedito?
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