La Quercia di Francesco- Dialogo sulla lettera ‘Fratelli Tutti’

Il 3 ottobre di quest’anno Papa Francesco ha firmato ad Assisi la lettera enciclica ‘Fratelli tutti’, che invita l’umanità tutta ad agire in un’ottica di fraternità e riconciliazione globale alla ricerca di un nuovo orizzonte per il mondo contemporaneo. Il contributo che segue è parte di un dialogo, franco e approfondito, con una serie variegata di interlocutori, sulla lettera neo pubblicata e sulle tematiche di fraternità e amicizia sociale cui è dedicata.

di Pietro Pellegrini

Tante sono le possibili chiavi di lettura di ‘Fratelli Tutti. Lettera Enciclica sulla Fraternità e Amicizia Sociale’ di Papa Francesco. Un testo piacevole che rincuora e pone con apparente semplicità concetti che hanno solide e profonde basi filosofiche, sociologiche, psicologiche, religiose e forti implicazioni per il futuro. Ne cito solo alcuni: l’accoglienza dell’Altro, non solo come fratello ma come parte di Sé; il prendersi cura della persona e del pianeta, di cui l’uomo è temporaneamente custode e non proprietario; i richiami ai diritti fondamentali di ogni persona fondati sul suo essere tale e poi i diritti sociali al lavoro, alla giustizia e alla verità. Fa riflettere come tale messaggio venga da un Papa che si esprime anche in campo politico con una critica del sovranismo, del rischio di razzismo e dei limiti del liberalismo di cui coglie il prezzo sociale pesante che si sostanzia nelle povertà, nell’esclusione degli ultimi e le ‘vite di scarto’.

Tante questioni vengono poste all’attenzione: la giustizia, l’inevitabilità del conflitto, la memoria della Shoa, il perdono senza dimenticanza, l’importanza dei movimenti, il rapporto tra locale (dove sono radici e identità) e globale. In tempi di giustizialismo scrive parole chiare anche su ergastolo e pena di morte (‘l’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare ma va considerato per la promessa che porta in sé’). Il Papa parla del complesso rapporto con la politica, ritenuta comunque essenziale, non tanto in chiave militante ma come parte del servizio e della testimonianza religiosa. Viene da chiedersi come mai sulle questioni sociali si esprima il Papa, riempiendo un vuoto, con una chiarezza, solidità e determinazione ben maggiori di tutti gli ‘uomini pubblici’, le cui immagini appaiono piatte e sbiadite, incapaci di confrontarsi su questi temi ma in grado di svalutarli come ‘buonismo’, svuotarli di senso e vanificarli nella dimenticanza. Ne deriva ‘l’ovvietà del bene’ nelle sue declinazioni e manipolazioni (‘non ti soccorro per il tuo bene’, abbandono come scelta, come ‘direttiva’) che lo avvicinano alla ‘banalità del male’.

Persone che odono ma non ascoltano, che guardano ma non vedono e non osservano, una società che il Papa vuole risvegliare dal sonno della ragione e degli effetti di trovarsi di fronte ‘all’Uomo ferito’ perché lo si incontri come il Buon Samaritano. Il San Martino che offre il mantello ma non in una prospettiva di mera assistenza bensì di emancipazione e rivoluzione dei valori. Siamo tutti stranieri anche a noi stessi e tutti migranti nel senso di temporanei ed erranti e quindi tutti abbiamo bisogno di accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

‘L’uomo che si prende cura’ contestualmente di sé, dell’Altro e del pianeta viene dopo ‘l’Uomo colpevole’ gravato dal peccato, dalla forza del Padre, della legge e del Super-Io, dopo ‘l’Uomo Ansioso’ smarrito davanti al mondo che cambia, dopo ‘l’Uomo Narcisista’ egocentrico e individualista, per arrivare all’Uomo Psicopatico amorale, insensibile all’Altro, capace di pervertire, di modificare il senso delle parole e dei gesti. E mai sopita è la suggestione del ‘Super Uomo’ alle prese con i limiti e la morte di Dio nel nome del quale talora si uccide ancora. Una prospettiva che non rigetta la scienza e la tecnologia ma le coniuga con l’Etica, la cui morte diviene in sé un grave pericolo.

In questi tratti, così diversi si sostanziano le tante ferite dell’uomo da quelle inevitabili, a quelle che la vita riserva negli incontri con l’Altro, a partire dalla prima relazione di cura. È il tema della Madre che resta nell’ombra, delle sintonie, degli stili di attaccamento ed educativi, ma anche del rapporto con il femminile, citato ma forse non ancora centrale. È un discorso paterno ed esortativo che fa proprie le sensibilità, la tenerezza, la gentilezza, l’agathosyne (ricerca del bene), i progetti creativi visti in ambito sociale espressione delle precedenti fasi di sviluppo e di vita familiare. Da queste nascono riflessioni sul rapporto madre-figli, tra fratelli, sul ruolo del padre e sul passaggio tra le generazioni che forse ci possono aiutare a capire la complessa e contraddittoria natura della persona nel suo essere sociale.

Gli «artigiani di pace» e i «poeti sociali» (pag. 147) portano all’attenzione di tutti come vi siano funzioni da svolgere nel dare comunanza, pensieri e parole a vissuti altrimenti inespressi o mediati solo dalle nuove tecnologie. Il loro porre a tutti una realtà allargata non fa venire meno la forza dell’incontro, l’incarnazione dei processi, i bisogni della persona.

La forza del testo e la sua bellezza sono veramente un dono prezioso, un bene comune e fanno di Papa Francesco un punto di riferimento, una Quercia nel deserto delle solitudini giustapposte e assembrate, dell’assenza di futuro e nella Babele di internet dove proliferano anche i virus.

È questa la prospettiva di ‘amore universale’ che chiama tutti, anche coloro che sbagliano. «Tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano, una coscienza umana anestetizzate, l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti» (pag. 224). «Se non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l’uomo acquista la sua piena identità, allora non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti fra gli uomini» (pag. 222). Alla luce di questo viene da constatare come purtroppo la religione non ha protetto gli uomini dalle grandi catastrofi della storia. Quindi oltre alla fede (fiducia), speranza e carità, virtù di tutti gli uomini, anche in una laica visione umana diviene essenziale per la costruzione di un nuovo Patto sociale in grado di far prevalere il bene sul male.

Pietro Pellegrini, Direttore Dipartimento Assistenziale Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *