Brevi considerazioni su generi e religione: Islam in particolare.

Di Francesco Gianola Bazzini

Il rapporto generi-religione ha sempre avuto nelle confessioni di origine medio-orientale una declinazione principalmente al maschile. Se consideriamo le tre religioni abramitiche, Abramo il capostipite dei profeti ed i figli Isacco ed Ismaele sono uomini e così la lunga scia dei profeti. Nel cristianesimo Dio si incarna in una figura maschile, Gesù; nell’Islam la parola di Dio è dettata, attraverso l’arcangelo Gabriele (una figura che dovrebbe essere asessuata, ma comunque con un nome maschile) a Muhammad. Nella cultura greco-romana invece il Pantheon degli dèi comprendeva numerose figure femminili, pur se al vertice della piramide troviamo Zeus (Giove). Se ci spingiamo oltre vediamo come nella religione indù vi sia un maggiore equilibrio tra figure maschili e femminili. Visnù e Parvati sono dee. Se poi attraversando l’oceano ci spingiamo ad analizzare la cultura andina, vediamo che esiste una dualità con due figure: una femminile, Pacha Mama (madre terra), e una maschile, Inti (sole). Tornando alle confessioni monoteiste abramitiche non deve stupire quindi se la tradizione religiosa a partire dalla sua genesi riserva al genere maschile un ruolo preminente. A tutto ciò si aggiungono sicuramente usanze e tradizioni tribali, che in ragione della diversa costituzione fisica e dei diversi ruoli nelle preminenti attività materiali relegano la donna a ruoli di secondo piano. Ebraismo e Cristianesimo poi, fanno risalire la responsabilità della cacciata dal Paradiso Terrestre al peccato commesso in primis dalla figura femminile di Eva. Di questo non si fa alcun cenno nel Corano. Anzi l’episodio del peccato originale ha per diversi studiosi musulmani un obbiettivo diametralmente opposto rispetto alla visione ebraico – cristiana. Ma su questo tema tornerò con un altro contributo. Per quel che riguarda l’Islam, credo sia utile leggere per intero la SURA IV del corano “La sura delle donne”. E’ sicuramente una delle più importanti per ricchezza di contenuti dogmatici, oltre che per le tematiche affrontate sulle questioni di genere. La sura detta una serie di dogmi che sicuramente riscattano il ruolo della donna in materia di eredità, dote e quindi di proprietà, ma anche diritto al divorzio (versetti 129 130). Le prime SURE, le più estese, ma in generale tutto “Il Testo Sacro”, contengono una serie di precetti che sottolineano l’identità tra uomo e donna quali frutti di un’unica pianta, quali esseri complementari. È innegabile quindi che con il Messaggio Divino trasmesso a Muhammad (guai parlare di opera del Profeta, è una imperdonabile bestemmia), la condizione della donna acquista una posizione rivoluzionaria rispetto alle realtà tribali preislamiche e non solo, ma anche rispetto alla condizione femminile delle consorelle religioni monoteiste. Emerge poi con tutta evidenza nelle parole del Messaggio un sentimento di affetto e di protezione verso la Donna che ne esalta le qualità.

Questo salto di qualità della Donna con l’affermarsi della religione islamica è trattato in modo analitico da Sayyd Qutb nel suo commento alla Sura IV del Testo Sacro. Questo autore, considerato radicale, affronta in modo non banale la questione femminile nel suo commentario: “All’ombra del Corano”[1]. Senza sconti, ad esempio, è la sua critica all’istituto dell’Harem, retaggio non dell’Islam ma delle popolazioni turche ed in particolare di quella Ottomana. Voglio sottolineare una breve parte, sicuramente molto chiara ed efficace, del suo commento alla SURA IV:

<< Consideriamo ora il diritto alla proprietà individuale dato dall’Islam alle donne: “Gli uomini devono trarre beneficio da ciò che guadagnano e le donne devono trarre beneficio da ciò che guadagnano.” (Verso 32) Questo diritto è stato negato alle donne dalla società ignorante dell’Arabia così come da altre società ignoranti del passato. Molto raramente è stato riconosciuto il diritto di proprietà alle donne. Addirittura, anche laddove veniva riconosciuto si trovavano stratagemmi e imbrogli per privarle di quel diritto. La donna stessa era considerata un oggetto il cui possesso poteva essere ereditato, alla pari di altri possedimenti. Le moderne società ignoranti, che sostengono di aver concesso alle donne diritti e garantito loro un rispetto che non ha eguali in altri sistemi, cercano ancora di negare il diritto della donna all’eredità. Alcune di queste società attribuiscono al maschio maggiore l’intera proprietà immobiliare. Altre costringono le donne che vogliono fare una qualsivoglia transazione finanziaria a chiedere il permesso preventivo al loro custode, e prevedono che il marito benedica ogni affare finanziario legato alla gestione della proprietà prima che possa essere concluso…. L’Islam ha concesso il diritto di proprietà individuale alle donne di propria iniziativa. Le donne non hanno dovuto proclamare la rivoluzione, fondare associazioni tra loro o entrare in parlamento per ottenere il riconoscimento di questo diritto. Le ragioni dell’Islam sono riconducibili alla propria visione dell’umanità. Esso considera che entrambe le parti dell’anima singola da cui traggono origine l’uomo e la donna sono degne di dignità. Inoltre, essa fa sì che la famiglia sia l’unità di base del sistema sociale. L’atmosfera della famiglia deve essere quindi di amore e di reciproca cura. I diritti di ogni singolo componente della famiglia sono salvaguardati …. Sotto l’Islam, il matrimonio è diverso da quanto praticato dalla maggior parte dei Paesi occidentali. Una donna musulmana non perde il suo nome, il suo stato civile e la capacità giuridica di stipulare contratti o il diritto alla proprietà quando è sposata. Dopo il matrimonio, mantiene il cognome della famiglia di provenienza e continua a godere di tutti i diritti come prima, incluso la possibilità di intraprendere con responsabilità la stesura di un contratto, di vendere, comprare, impegnare, fare una cessione o una donazione eccetera. Lei continua anche a godere del suo diritto di proprietà indipendente. Sotto l’Islam, alla donna sono riconosciuti tutti i diritti civili e lei può avere una propria ricchezza indipendentemente da quella del marito, che non le può sottrarre denaro, poco o tanto che sia >>.

A ben vedere, se si considera l’epoca in cui il Corano è stato trasmesso, le differenze in positivo anche rispetto all’Occidente di allora sono evidenti. Pensiamo ai diritti derivanti dalle primogeniture, che non solo escludevano le donne, ma anche gli ulteriori figli maschi da titoli e proprietà.

Nella cultura islamica risaltano sin dall’inizio figure di donne che hanno segnato profondamente la nascita della società musulmana, si pensi in particolare ad Hadiga ed a A’isa mogli del Profeta, sempre al suo fianco anche nei momenti di maggiore difficoltà quando l’aristocrazia meccana cercò di impedirne la predicazione nel timore di perdere i propri privilegi. L’impegno” politico” di A’isa (questo per sottolinearne il ruolo di primo piano da lei esercitato) porta ad uno scontro con Alì, il quarto Califfo dopo la morte di Muhammad, che determina lo scisma del partito di Alì (si at Alì, oggi abbreviato con Shia), gli Sciiti.

L’islam in realtà rivoluziona in parte il carattere maschilista delle società in cui si è diffuso. Eredità, proprietà, divorzio, capacità giuridica di agire sono ben presenti nelle parole dettate al Profeta come diritti non esclusivamente maschili. Non solo, nel Corano nessun cenno all’origine della Donna dalla costola dell’Uomo e quindi un essere derivato. Nessun cenno alla donna tentatrice, strumento di Satana alla disubbidienza. La donna non è “oggetto” come appare dai comandamenti dettati a Mosè e come era nelle società arabe preislamiche. Eppure, è di attualità, anche oggi siamo a discuterne, la domanda: in quale ruolo e in che posizione si trova la donna nelle società islamiche moderne, pur con le dovute differenze tra l’una e l’altra? Il tema è assai complesso e sconta anche la presenza di riti ed usanze, che né la religione né la “modernità” sono riuscite a scalfire.

  1. Sayyd Qutb, In The Shade of TheQur’an. Cap. Differences Between the sexes pag. 122 e ss., The Islamic Foundation, Leicester U.K. 2001

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