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Una risposta

  1. Alessandro Volta ha detto:

    Sottoscrivo interamente quanto ha scritto Marco, il quadro che ha delineato è piuttosto chiaro. Aggiungo qualche elemento che viene dall’esperienza di cure primarie che sto facendo in terra reggiana. Trovo centrale la necessità di mettere a sistema l’infermiere di comunità (che adesso chiamiamo infermiere della cronicità), quello che Marco individua come il ‘professionista della promozione’, in grado di produrre prevenzione (se non primaria, almeno secondaria e terziaria), con modalità di medicina di iniziativa e non in attesa della richiesta prestazionale (molto spesso poco appropriata). Noi stiamo sperimentando tutti i giorni la grande risorsa delle professioni sanitarie non mediche delle cure domiciliari e dell’assistenza di cure palliative, in autonomia, ma con integrazione con MMG, assistenti sociali, centri specialistici ospedalieri, Hospice, CRA, centri per i disturbi cognitivi, salute mentale, ecc., con anche reperibilità notturna e festiva. Questi infermieri delle cure primarie da noi collezionano elogi scritti dai pazienti e dai loro caregiver, gestiscono numerose persone e intere famiglie con anziani e cronici. Durante la pandemia i coordinatori infermieristici hanno tenuto unito il sistema, mettendo in rete anche le nuove risorse delle USCA, degli ambulatori Covid, del sistema dei tamponi domiciliari.
    L’altra lezione della pandemia è stata l’accelerazione degli strumenti di comunicazione digitale; oggi non ha più senso andare dal medico per ricevere una ricetta da portare in farmacia o fare ore di attesa per una visita ambulatoriale che può essere prenotata online; la sorveglianza telefonica o con videochiamata permette di ridurre le visite e di incrementare i contatti di follow up, soprattutto se a domicilio sono presenti strumenti come il pulsossimetro o un misuratore per la pressione. Abbiamo anche imparato che è possibile e utile prendere in carico tutta la famiglia, anche i minorenni presenti, attivando le risorse e le consulenze necessarie (ad esempio USCA in presenza e pediatra collegato in videochiamata). Molto di quanto fatto nell’ultimo anno potrebbe proseguire anche quando terminerà la pandemia. La digitalizzazione però deve essere meglio implementata, ad esempio rendendo obbligatorio il FSE (ormai tutti i dati sono informatizzati), senza aspettare una adesione volontaria lenta e a macchia di leopardo.
    Un altro punto a mio avviso essenziale è rendere prassi il lavoro di gruppo dei MMG/PLS; lavorare in solitudine dovrebbe diventare l’eccezione, a costo di perdere in prossimità (per questo ci sarebbe l’infermiere di comunità e l’ostetrica). Lavorare in gruppo significa condividere, confrontarsi, specializzarsi, utilizzare ecografo, ECG, e tanto altro (anche esami ematochimici, sierologici e batteriologici rapidi), significa poter fare campagne vaccinali e gestire i principali PDTA senza delegare ai centri specialistici (dove si dovrebbe fare il secondo e terzo livello). Medicine di gruppo con infermiere e personale amministrativo, per i PLS anche l’ostetrica alcune ore alla settimana. Tutta attività programmata e pianificata, con offerta H12 che toglie accessi impropri ai PS. Nei week-end collegamento con la continuità assistenziale, che accede ai dati dei MMG, possiede elenchi dei pazienti palliativi e cronici, invia feedback e referti online ai curanti e agli infermieri di nucleo.
    Ultimo tassello sarebbero gli OSCO (tutti gli attuali piccoli ospedali dovrebbero diventare ospedali delle cure primarie o almeno una parte di queste strutture), dove un MMG può inviare un paziente per diagnostica e terapia, con possibilità di ricovero breve, infermiere H24; il MMFG manterrebbe le funzioni di responsabile delle cure, senza delegarle ad altri. Negli OSCO si creerebbero anche le connessioni tra medici delle cure primarie e specialisti territoriali, che diventerebbero dei veri e propri consulenti del MMG. La nuova generazione di medici di cure primarie mi sembra pronta per un salto di questo tipo. Resterebbero da gestire le questioni contrattuali e sindacali, ma la struttura per un cambiamento profondo credo che sia già presente.
    Mi sono limitato agli aspetti prettamente sanitari che sono quelli che conosco meglio, ma l’integrazione è ovviamente ampliabile agli altri settori che nella relazione di Marco sono bene descritti.

    Alessandro Volta
    Direttore Programma Materno-Infantile, Dipartimento Cure Primarie Ausl RE

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