Prospettiva (sul vivente). Ambiente ideativo dell’associazione culturale “Luigi Battei”

di Alessandro Bosi – PROSPETTIVA, questa cosa che sta per nascere, e che proponiamo nel suo numero zero, è uno sguardo ideativo sul vivente. Non uno sguardo contemplativo, ma determinato nel voler suscitare forme espressive e linguaggi che inducano un agire comunicativo e sociale. Prospettiva vorrà incamminarsi sui sentieri più diversi senza sdegnare in partenza quelli interrotti o addirittura vietati, ma non aspira a trasformarsi nel suo plurale per essere legittimata in ragione dell’apertura mentale che in questo modo guadagnerebbe. Avrà di mira il vivente, la sola direzione di marcia che conosca e al cui cospetto, quando è lecito tremare per la sua sorte, non c’è genealogia di valori che tenga. Nella nostra storia, il futuro del vivente ha una particolare cogenza da quando è divenuta chiara e inequivocabile, la nostra responsabilità sulla sopravvivenza della vita. Abbiamo acquisito tardi – e non completamente – la convinzione di essere venuti al mondo molto tempo dopo che il mondo esisteva e che ce ne andremo assai prima della sua fine. Nel presente, sembra chiarirsi la consapevolezza che la nostra presenza, per quanto devastante, fa il solletico al mondo e, intendendolo come il nostro pianeta, solo il potenziale distruttivo delle armi di cui disponiamo potrebbe deciderne la fine. Ma esclusa questa ipotesi, vediamo con chiarezza che, pur sopravvivendoci il pianeta, rischiamo di trascinare la vita stessa nella fine della nostra vicenda. Prospettiva (al singolare) riguarda dunque i viventi (al plurale). Per il vivente, la vita non è mai sopravvivenza e non esiste un primum vivere che rimandi la pienezza del vivere a un dopo eventuale. Se e quando è vivere, lì, il vivere lo è nella sua pienezza. In tutti gli altri viventi non comporta il filosofare. Negli umani lo è nella ricchezza del filosofare che, anche nelle condizioni di costrizione estrema, non è mai un dopo rispetto alla pura sopravvivenza. Prospettiva mette il suo sguardo sulla ricchezza del vivente che non è mai un inconveniente da eliminare, un debito alla sua nascita, un incompiuto che dovrà imparare a guadagnarsi da vivere per ambire alla compiutezza, ma è sempre un’occasione e un’opportunità per i viventi.

Lo dicevamo, lo stavamo dicendo, in un ciclo di cinque Conversazioni che, dopo la terza, è stato interrotto dal Covid-19. Le Conversazioni sono parte di un progetto biennale di ricerca che Marco Ingrosso, Sergio Manghi e chi scrive stiamo elaborando dalla primavera del 2019 nell’ambiente ideativo dell’associazione culturale “Luigi Battei”. Più oltre, esponiamo ai lettori il progetto mentre un articolo di Sergio Manghi, ne approfondisce i propositi e uno di Marco Ingrosso apre delle domande sugli apprendimenti sociali indotti dalla domanda di salute ai tempi del coronavirus. Prospettiva nasce dall’humus di quel progetto e dal consenso di chi ha partecipato alle Conversazioni fin qui realizzate. Non è una proposta contingente, imposta dal coronavirus.

SE NON PIANGI, DI CHE PIANGER SUOLI? chiede il conte Ugolino a Dante che assiste straziato alla condanna, di nutrirsi in eterno di carne umana per aver divorato i suoi figli quando più che ‘l dolor poté ‘l digiuno. Ineluttabilmente, la vita si nutre della vita. E il Coronavirus che stiamo combattendo, è accaduto anch’esso nel farsi della vita, come noi stessi siamo accaduti un giorno per la disperazione di altri viventi che dovettero soccombere alla nostra presenza. La cultura dei viventi, a difesa della specie, si compendia nel provvedere alla sopravvivenza, alla riproduzione e alla crescita dei cuccioli. Noi umani condividiamo questa cultura e ce ne distinguiamo grazie alla civiltà con la quale abbiamo acquisito gli strumenti che ci garantiscono il primato sui viventi mentre siamo, individualmente, i più deboli e sprovvisti di mezzi per conservarci la vita. Più tardi, abitando la città, ci siamo attribuiti la cultura come un nostro esclusivo carattere, da scrivere preferibilmente con la C maiuscola, escludendo che fosse un tratto comune ai viventi. Il nostro modo di abitare le città è ormai irrilevante rispetto al bisogno urgente di costruirle, d’imparare a farlo in modi sempre più magniloquenti. Le città sono spazio da misurare, commerciare e gerarchizzare. Solo secondariamente, un luogo da abitare. È così che sono diventate un muro, quello più mirabolante eretto dalla civiltà per distinguersi dai viventi, per affermare che la cultura degli umani risplende, più che in ogni altro luogo, nella città dove pulsa la sua vita sociale. In questi giorni continuiamo a ripetere che i muri non ci difendono dai virus, occorre ben altro per fronteggiare la situazione. S’impone il rispetto della vita e la ricerca di nuovi equilibri per continuare a vivere.
Siamo in tempo di crisi e di Angeli Nuovi.


Alessandro Bosi

Redazionale Audio by Piergiorgio Gallicani

 

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3 risposte

  1. Piergiorgio Gallicani ha detto:

    Indovinello:

    cos’è quella cosa che
    (che nome dareste a chi …)
    secondo un detto dell’antica tradizione sufi
    (o delle Upanisad – o dei nativi americani … scegliete voi)

    “… dorme nelle pietre,
    respira nelle piante,
    sogna negli animali
    e si sveglia nell’uomo.” ?

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